In data 2007-01-26 uno studente, che preferisce restare anonimo, scrive la seguente
Lettera aperta al docente
Stimato docente,
le scrivo questa lettera in merito ai primi due appelli di reti logiche.
Innanzitutto i risultati: nel primo appello si sono iscritti – facendo una stima molto conservativa, basata
sul numero di aule impiegate e sulle persone che hanno consegnato – 150 studenti; di questi, 59 si sono
ritirati, 67 sono risultati "n.s." o "q.n.s.", 24 hanno avuto un voto compreso tra il 18 e il
24 e nessuno è andato oltre la soglia del 24. Al secondo appello non c’è ragione di pensare che gli iscritti
siano stati meno, visti i risultati del primo e l’assenza di esclusività degli appelli. Ebbene, poniamo ancora
a 150 il numero di iscritti; questa volta abbiamo 36 ritiri, 52 studenti con una votazione "n.s." o
"q.n.s.", 49 tra il 18 e il 24 e 13 tra il 25 ed il 30. Di uno (per comodità il centocinquantunesimo)
non si conosce il risultato finale.
Se aggreghiamo i risultati dei due appelli abbiamo 95 ritiri, 119 "n.s." o "q.n.s.", 73 tra
il 18 ed il 24 e 13 oltre il 24. In altri termini, su 300 iscritti ai due appelli oltre due terzi si sono ritirati
o sono risultati insufficienti (la quasi non sufficienza è in un limbo tra la non sufficienza e la sufficienza a
stento, il che non mi sembra molto edificante). E’ evidente che qualcosa non va.
L’università, oggi, è organizzata in questo modo: si fanno tantissimi esami (alla fine dei 5 anni io avrò
collezionato la sfavillante cifra di 54 esami!!) in tempi ultrarapidi, stringendo poco più di 9 settimane. Questa
organizzazione non ci piace, anzi – e mi permetto di interpretare un pensiero comune - fa schifo. Tradisce il
vero spirito universitario, fatto di sacrifici ma anche di tempo libero per riflettere, assimilare, apprezzare. In
questo momento, però, è l’organizzazione vigente e questo implica per i docenti, abituati probabilmente ad
altre modalità di insegnamento, un cambiamento radicale nell’approcciare ai corsi. Anche se il sapere non si
può racchiudere in compartimenti stagni, non è più pensabile svolgere un corso (o il relativo esame finale) con
le stesse modalità del vecchio ordinamento. Il suo è un corso da 5 crediti. Anche se il solo pensiero di
misurare quanto sforzo richiede una materia mi fa rabbrividire, date per esempio le differenze attitudinali
individuali, il suo corso dovrebbe richiedere la stessa applicazione degli altri corsi da 5 crediti. Invece ne
richiede almeno il triplo. Questo sarebbe del tutto normale in un contesto diverso da quello attuale ma in questo
ordinamento – in cui il suo è uno dei 54 esami sopraccitati - produce i risultati visti. Riguardo la struttura
dell’esame di reti logiche, credo che abbia fatto la sua parte nel produrre questo disastro. Imparare a svolgere
i progetti richiede tempo, come si può pensare di insegnare agli studenti a progettare i circuiti presentati all’esame
in due lezioni?! Le due lezioni di recupero non le possiamo considerare, visto che si sovrapponevano con appelli d’esame
e quindi non è stato possibile seguirle per la maggior parte degli studenti. Un corso del genere – per essere
svolto decentemente – avrebbe necessitato di almeno un semestre in cui in due mesi si apprendeva la teoria e nei
restanti due (un semestre sono più o meno quattro mesi di lezioni) si svolgevano soltanto progetti. In quel modo,
alla fine del corso, si sarebbe potuto dire che il corso di reti logiche aveva insegnato agli studenti a fare i
progetti. Non si possono, a mio modesto avviso, gettare le basi teoriche e poi dire: “ok ragazzi, il tempo è
finito da qui in poi ve la cavate da soli”. Purtroppo, per affrontare un progetto non basta conoscere la teoria.
Poiché non esiste una ricetta universale, una procedura unica, l’unico modo di imparare a progettare è
svolgere – insieme al docente – una grande quantità di esercitazioni in cui pian piano si apprendono le
sfumature, si chiariscono i dubbi, si fissano le metodologie.
Lei – questo va riconosciuto – ha cercato di fornire il maggior supporto possibile dopo la fine dei corsi
ma converrà con me che vedere stralci di progetti di altri studenti con le sue correzioni descritte in poche
righe non è esattamente il modo migliore di imparare a progettare i circuiti. E’ un metodo a tentativi: questo
non si può fare, quello si. Allora io mi chiedo: come si può verificare se io so fare progetti, se non mi è
stato insegnato a farli? Io credo che – in ultima analisi – la domanda fondamentale sia: che cosa ho imparato
dal corso di reti logiche? Cosa mi rimane? Ed è a questo che i docenti dovrebbero pensare quando tengono un
corso. Il tempo è limitato a 9 settimane? Benissimo, si organizza un corso in cui – poiché tutto non si può
fare – si fissa un obiettivo che è ciò che rimarrà nella testa dello studente dopo il corso. Dato l’ordinamento
vigente, ci saranno altri corsi che approfondiranno quello che non si è potuto fare in questo. Troppo spesso ho
visto corsi (e relativi docenti) “bulimici”, in cui si butta dentro un po’ di tutto e alla fine non rimane
niente. Questo non è un invito all’ignoranza, è semplicemente un monito affinché si prenda atto di come è
organizzata l’università oggi e si impartiscano le lezioni di conseguenza. Tornando più concretamente al suo
esame, al di là delle considerazioni esposte sopra riguardo il progetto, credo ci sia anche un problema di
dimensionamento temporale: per (tentare di) svolgere il progetto ci vogliono almeno tre ore; di conseguenza non
rimane abbastanza tempo per pensare alle quattro domande di teoria, che spesso sono molto lunghe da sviluppare.
Questo spiega anche i moltissimi casi di votazioni sufficienti sulle domande e scarse sul progetto o viceversa.
Poiché sono convinto che il rapporto studente-docente sia fondamentale per migliorare la qualità dell’università,
le sarei veramente grato se volesse rispondere alla presente, meglio se in forma pubblica. La ringrazio per il
tempo che mi ha concesso.
Uno studente |
Risposta del docente
Aggiungo qualche altro numero, che lei non ha ritenuto opportuno ricordare. Al secondo appello, si sono
ripresentati 49 studenti che avevano già sostenuto il primo; di questi:
- 18 sono stati classificati come "n.s." sia al primo che al secondo appello;
- 2 sono stati classificati come "n.s." al primo appello e come "q.n.s." al secondo
appello;
- 1 è stato classificato come "q.n.s." al primo appello e come "n.s." al secondo appello;
- 3 hanno superato l'esame sia al primo che al secondo appello;
- 25 sono stati classificati come "n.s." o "q.n.s." al primo appello e hanno superato
l'esame al secondo appello.
(Non voglio essere maligno, ma mi piacerebbe sapere se questi ultimi 25, qualora gli appelli fossero stati
"esclusivi", si sarebbero mai presentati al primo appello.) Eviti peraltro di darmi numeri sui
prenotati: in ogni appello, dal 15 al 20% dei prenotati non si fanno neanche vedere in aula al momento dell'esame.
Tuttavia non è sui numeri che voglio basare la mia risposta, anche se su di essi lei basa la sua lettera
aperta (che invia a titolo personale, ma voglio credere che rispecchi le sensazioni di molti suoi colleghi.) Non
ho neanche intenzione di discutere in questa sede la sua valutazione sullo stato dell'università (che peraltro mi
trova pienamente d'accordo in molte sue parti, se non in tutte), né altre sue opinabili considerazioni (le
lezioni di recupero, ad esempio, che lei ha giudicato irrilevanti e poco seguite ma nelle quali abbiamo tutti
visto le aule stracolme, con parecchi studenti perfino in piedi). Intendo qui discutere solo un punto della sua
lettera, e in particolare una sua domanda – che vorrebbe essere retorica ma non lo è per niente: Cosa mi
rimane, del corso di Reti Logiche?
La risposta è semplice (e devo dire che diversi suoi colleghi ho l'impressione l'abbiano capita): per come ho
inteso impostare non solo il corso ma anche l'esame e la relativa valutazione, ciò che voglio le rimanga non è
tanto la capacità di mandare a memoria nozioni, quanto la capacità di utilizzarle per uno scopo concreto
una volta che le abbia apprese. Se ci pensa bene, non sono molti altri i corsi che hanno questa ambizione, o si
pongono questo obiettivo. Il "progetto" (che è attività tipicamente e squisitamente ingegneristica, se
mai l'avessimo dimenticato) ha precisamente questa finalità, che personamente considero essenziale e fondamentale
per un corso di laurea in Ingegneria. Vero, occorre molta esercitazione per fare un buon progetto; vero, il tempo
è poco, e non si riescono a fare molte esercitazioni in aula; vero, le correzioni via email non sono granché
utili (potremmo allora abolirle, mi ritaglierei molto tempo libero in più – ma d'altra parte non ho visto molta
gente venire ai ricevimenti ad personam a chiedere lumi...) Tutto vero, naturalmente – salvo entrare un
po' più a fondo nel merito della questione. Chi ha verificato le correzioni sui propri compiti, sa benissimo che
non mi sono mai appigliato ai dettagli del progetto (cosa crede, che non sappia perfettamente che due o tre ore
non bastano a fare un progetto, buono o mediocre che sia?) ma sa altrettanto bene che ciò che mi interessa è
soltanto l'impostazione, la verifica di una forma mentale che consiste (1) nel conoscere e padroneggiare
i building blocks che si hanno a disposizione, (2) nel sapere quali, come, dove e quando utilizzarli per
ottenere che cosa. (Dopo di che, se trovo un AND al posto di un NAND, non è certamente quello che sposta,
di neanche un punto, la votazione finale.)
Ora, questa capacità prescinde in larga parte dall'algebra di Boole o dagli addizionatori; è un po' come,
dopo aver imparato quali sono le componenti del motore di un'automobile, si riesce a guidare abbastanza
tranquillamente qualunque modello di vettura; è una forma mentis che una volta acquisita può
operare abbastanza indifferentemente su circuiti digitali o su componenti software o su protocolli di rete, è una
forma di thinking big che la trasporta dal livello di esecutore al livello di "creatore". (E,
se devo essere sincero, l'unica cosa che mi meraviglia, e in un certo senso mi preoccupa, della sua lettera è
che, invece di pretendere che questa capacità le venga istillata e coltivata anche da altri corsi, lei voglia
soltanto abolirla dal mio!) Questa, e non altre, sono le capacità che si richiedono a un ingegnere: nel mondo del
lavoro, come lei avrà modo di verificare con mano nel più breve tempo possibile (le auguro), nessuno verrà a
chiederle come funziona il flip-flop JK (o quali sono le proprietà dei puntatori C o delle classi astratte o del
protocollo HTTP, la cosa non cambia di molto), ma le porranno un problema e vorranno risposte sensate, convincenti
e plausibili in un tempo che di norma sarà molto inferiore alle quattro ore dell'esame di Reti Logiche – spesso
anzi queste risposte le dovrà dare all'istante, e la qualità di queste risposte potrà plasmare, nel bene e nel
male, la sua carriera. Purtroppo, vedo ogni giorno, nell'azienda dove lavoro e in molte altre, cosiddetti
"ingegneri" che messi di fronte a un problema non riescono a cavare un ragno dal buco, e passano le
giornate vivacchiando e annaspando e arrabattandosi qua e là aspettando che qualcuno di buon cuore venga a dirgli
come fare per andare avanti. Ecco, quel che cerco di fare – nei limiti del mio possibile e per quanto mi
compete, s'intende – è di risparmiarvi quella fine.
Cordiali saluti
P. Marincola |
In data 2007-02-02 Daniela Zanini chiede la pubblicazione della seguente
Risposta (2)
Caro collega,
sono una studentessa di ingegneria, V.O., che ha letto con interesse la tua lettera, e che da questa è rimasta
molto colpita. Innanzi tutto perché resto stupita dal vedere come ti lasci perplesso il numero di bocciati nei
due appelli di reti logiche e questo mi porta a pensare due cose :
1) non hai mai visto, nei precedenti anni, i risultati degli esami del corso, una vera e propria carneficina
che purtroppo non si fermava solo al voto dell'esame e all'essere bocciati, ma alla correzione-gogna a cui venivi
sottoposto!! (ah dimenticavo... basta dare anche una rapida occhiata all'andamento degli esami del biennio,
purtroppo per limiti di età mi riferisco a quelli V.O. ovviamente, in cui analisi 1 e 2 e fisica 1 e 2
rappresentavano un vero e proprio fuoco di sbarramento!!)
2) nella tua statistica dovresti tenere conto di chi all'esame si prenota, ma poi non va, di chi ci va pensando
che il buon Dio lo illumini, di chi spera nell'aiuto del compagno, di chi pur non avendo finito di studiare tutto
il programma ci prova, non si sa mai (su non neghiamolo, lo abbiamo fatto tutti), di chi va senza aver studiato,
di chi purtroppo proprio durante il compito va in tilt impanicandosi, etc etc, insomma mancano un po' di voci e
quindi mi sembra un po' forzato dire in base a tale statistica fondata su un campione poco rappresentativo, che il
corso non va!!!
Queste due premesse però sono solo di contorno, piccole precisazioni, perché invece su molte cose, caro
collega, sono pienamente d'accordo con te!
Hai ragione, l'università così come è organizzata oggi non va. Le varie riforme hanno fatto solo danni,
portando oggi i professori e gli studenti a confrontarsi con corsi sempre più compressi, smembrati, deturpati,
corsi che invece avevano solo bisogno di essere un po' svecchiati e affiancati da una maggiore dose di pratica,
pur lasciando quasi inalterata la teoria. Corsi che hanno portato tanto lustro alla nostra università, salvo poi
veder volare via tale lustro verso altri paesi, verso altre università, ma lasciamo stare, purtroppo si può solo
sperare nel futuro. Hai ragione caro collega, vi ritrovate a fare 2 esami per ognuno dei nostri, con programmi che
alla fine vengono ovviamente ridotti o poco approfonditi, snaturati, privati spesso di nozioni fondamentali e che
ovviamente vi lasciano l'amaro in bocca, perché proprio come dici tu, "il vero spirito universitario è
fatto di sacrifici e tempo libero per riflettere e assimilare". Ma come si può assimilare se poi molte
nozioni vengono eliminate dai programmi per mancanza di tempo, come si può riflettere se molti esami sono
diventati a risposta multipla con crocette...Cartesio diceva "COGITO ERGO SUM", ma se non danno il
materiale, su cui pensare e riflettere, come si fa? E pensare che ci sono ancora alcuni professori che si
prodigano, che fanno ricevimento, che mettono lezioni supplementari, pur di mantenere aulico il livello del corso,
che magari sforano sull'orario delle lezioni per finire un concetto importante, ma si devono arrendere...
purtroppo oltre a combattere con il vigente ordinamento devono mettersi una mano sulla coscienza e cercare di
capire che gli studenti non possono andare il sabato mattina ai ricevimenti, perchè si studia tutta la settimana
e almeno il sabato mattina bisogna riposare, che se lo studente dietro si lamenta gridando che è finita l'ora lo
fa solo perchè troppo stanco, schiacciato da questa facoltà che è così difficile, in finale si sta parlando di
ingegneria, mica di bazzecole!!
Hai ragione collega, questo ordinamento così com'è non va!! E' ovvio che poi di fronte ad esami come Reti
Logiche, ma potrei citarti altri esami come robotica, elettronica, controlli automatici (ovviamente parlo del mio
indirizzo), se una persona non ha il materiale e il tempo come fa? Se in aula non vengono svolti abbastanza
progetti, visto che il tempo è poco anche per la teoria, come fa? E' ovvio che è impensabile immaginare di
cominciare a fare progetti prima che il corso sia terminato, perchè come dici tu siete sopraffatti da un numero
così elevato di corsi che non potreste mai trovare il tempo per andare in copisteria a prendere i temi svolti
(anche se volendo si può limitare il tempo perso consultando il sito del corso... si può ottimizzare!! Ringrazio
il prof del corso di ottimizzazione, evidentemente mi ha aiutato a eliminare un problema che affligge molti
colleghi e non lo sapevo!!) e magari cominciare a dare delle bozze di soluzione, magari teoriche e portarle al
ricevimento... (oh no, scusa, dimenticavo il ricevimento è sabato mattina...) al professore dopo lezione,
purtroppo bisognerà accontentarsi di fare ricevimento per le scale, sulle panche, lo so è difficile così, con i
corridoi pieni... anche se volendo c'è il chiostro (all'aperto è meglio, il prof ama fumare!!)... Lo so collega,
una bozza di soluzione non è la soluzione ottima, ma quella fortunatamente il prof non la richiede... infatti gli
basta una bozza all'inizio, ma tu mi dirai giustamente che se uno non conosce i componenti come fa? se non sa
quale flip flop usare, come disegnare il sommatore, il registro, come fa? Eh già, sembra un problema senza
soluzione, in finale se uno non li conosce come fa? non se li può mica inventare... il sapere è ben altro.
Aspetta, c'è una tua frase in merito che ho trovato molto bella, quando dici: "il sapere non si può
racchiudere in compartimenti stagni". Hai ragione. In finale quello che uno ha studiato nei corsi passati non
lo si dimentica, cioè se uno ha fatto il corso che equivale al vecchio "Calcolatori Elettronici" mica
se lo dimentica come funziona in linea di principio una porta OR o una AND, o come funziona un flip flop, certo
magari si complicano un po' le cose se si parla di PD32... però le linee guida ti rimangono... hai ragione!!
Certo va considerato che magari c'è chi quest'esame non lo ha nel piano di studi perchè non è informatico... e
lo so... .purtroppop queste si traducono in difficoltà oggettive, che si possono colmare solo con una buona dose
di notti in bianco sui libri... ma mi rendo conto che è difficile... ti posso assicurare che so cosa vuol dire!!
I progetti sono difficili e sembra che il tempo non basti mai... 3 ore al compito poi sono poche... ma
vediamolo come un allenamento... per quando lavoreremo e ci chiederanno di svolgere un progetto e quando gli
chiederemo per quando dovrà essere pronto ci risponderanno che doveva esserlo 3 ore fa!! In finale questa
facoltà ci deve formare per essere ingegneri no? E pensa che strano, fuori sono molto precisi, proprio come piace
a noi, al punto che vorranno un progetto pronto e funzionante e ovviamente non si accontenteranno di un prototipo,
di un progetto che funziona in linea di principio, che ha della metodica, del ragionamento dietro, insomma non si
accontenteranno di capire che hai saputo unire nel modo migliore i blocchetti a disposizione, ma alla fine è
giusto... siamo ingegneri no?
Purtroppo però, collega, nonostante queste cose che condivido con te, mi trovo in disaccordo su due punti.
1) Metodo a tentativi... perchè lo disprezzi tanto? Certo bisogna vedere cosa intendi, cioè se con questa
definizione intendi: tento di buttare giù qualcosa a caso, beh hai ragione, non si può lavorare così; se però
intendi, quello che in Controlli Automatici si chiama Sintesi per tentativi, beh funziona ed è anche un ottimo
modo di procedere. Tu hai un progetto che deve soddisfare delle specifiche, bene, allora studi, leggi le
specifiche, vedi di cosa disponi, usi le tue conoscenze e gli strumenti a tua disposizione per assolvere tali
specifiche. Se ci riesci al primo passo: ok. Altrimenti incominci a modificare un po' di cose, tipo il guadagno
etc... ovviamente nel caso di reti modifichi un f/f, metti un registro tampone o altro... insomma funziona anche
in reti logiche!!
2) Cosa mi ha lasciato il corso di reti logiche?? Premetto che io questo corso, con l'attuale docente non lo ho
seguito, ma è con lui che ho sostenuto l'esame e ho avuto bisogno di due appelli per superarlo. Questo esame,
come pochi altri in questa facoltà, mi ha lasciato una gran soddisfazione, e premetto ho preso un 22, non un 30!!
Soddisfazione innanzi tutto perchè fare il progetto è una sorta di sfida con se stessi e le proprie capacità,
più che con l'esame stesso. Riuscire a manipolare, unire strutture che avevo visto solo singolarmente, per creare
qualcosa di più complesso e magari funzionante, E' BELLISSIMO!! e soprattutto è INGEGNERISTICO!!!!! Finalmente
un esame concreto, da ingegneria, non solo nozionistico!! Un esame difficile, sì, certo, tosto davvero, come
pochi altri, insomma uno delle bestie nere, di quelli da ripetere un paio di volte almeno, ma lo sai già prima,
ti metti l'anima in pace, perchè in questo esame ti metti in gioco tu, non la tua memoria, in cui testi la tua
capacità di tirare fuori conoscenze acquisite anche in altri corsi e metterle finalmente a frutto. Un esame in
cui ci si avvicina a quello che un ingegnere in un modo o nell'altro deve saper fare, cioè non ricordarsi formule
a memoria, per quelle esistono formulari, libri, manuali, bensì trovare una soluzione al problema sfruttando ciò
che ha a disposizone e magari farlo nel modo migliore possibile. Inoltre questo esame mi ha lasciato anche il
ricordo di un professore che, assieme a pochi altri che si contano sulle dita di una mano, non si negano ai
ricevimenti, che anche se mancano 5 minuti all'orario di ricevimento ti fanno entrare e iniziano a vedere gli
esercizi e non aspettano leggendo il giornale che quei 5 minuti passino, che fanno correzioni puntigliose durante
i colloqui per farti capire come il progetto sarebbe dovuto essere per essere quasi perfetto, ma che non chiedono
tale precisione all'esame, che ti ricevono magari in orari e luoghi esterni alla facoltà, spiegandoti per filo e
per segno, con tanto di cartina come raggiungere l'ufficio di Acilia, che non limitano i giudizi sulle correzioni
ai ricevimenti ad una giornata negativa di uno studente, che tengono diari delle lezioni, che tengono lezioni
straordinarie, che pubblicano lettere di critiche degli studenti, che si confrontano con loro. Questo mi ha
lasciato questo corso, e con lui pochi altri, e posso assicurarti che quando arrivi alla fine del cammino
universitario ti rendi conto che di corsi così ne avresti voluti di più.
Saluti
D. Z.
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